Il dipendente

Tiziano ha superato i 29 anni e nonostante si sia brillantemente laureato anni prima, non riesce ad affrancarsi dalla condizione di precarietà lavorativa. Finalmente con un contratto di lavoro “vero” in mano sente dentro di sé di poter riscuotere quel credito ideale nei confronti della vita e del mondo del lavoro che lo aveva tenuto ai margini per molto tempo. Sollevato da una situazione opprimente, celebra con sé stesso una sorta di “ritorno al mondo”. Con l’entusiasmo tipico della prima volta, non sa che sta per intraprendere un calvario. L’azienda che lo ha assunto infatti è una azienda “totalitaria”, il cui lavoro assorbe ogni spazio di vita personale e ogni altra aspirazione di vita sociale. Tiziano scopre sulla sua pelle che significa attraversare lo spartiacque tra un lavoro impegnativo ed un vero e proprio massacro fisico e mentale. La sua amarezza è anche dovuta al fatto che lui, al contrario di molti suoi amici che hanno un lavoro precario, non avrebbe nemmeno il diritto di lamentarsi. Alla fine, dopo mesi e mesi di sofferenza, si sprigiona, grazie “ad una via d’uscita” caduta un po’ dall’alto, un finale positivo e un cambio di paradigma mentale per Tiziano. Il giovane riacquista un’umanità e la dignità minacciate da un’aberrante organizzazione che ha tentato di distruggere Tiziano e tanti altri giovani ricattati da deboli (se non inesistenti) prospettive di futuro.